Obbligo riduzione dell’affitto causa chiusura Covid -19.
Qualora una attività commerciale sia costretta a chiudere temporaneamente a causa delle misure di contrasto alla pandemia di Covid-19, il locatore ha l’obbligo di ridurre il canone dovuto in base al contratto di locazione, in attuazione dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, principi valevoli a maggior ragione nei contratti a esecuzione continuata, trattandosi di evento imprevisto ed incolpevole.
Questa la conclusione del Tribunale di Roma, sez. VII, dott.ssa Pasqualina, la quale con ordinanza resa nel procedimento r.g.n. 29863/2020, ha ritenuto di dover accordare, in ragione della chiusura eccezionale dettata dalle misure di contenimento dell’epidemia Covid-19, una riduzione del 40% del canone di locazione per i mesi di aprile e maggio 2020, e del 20% per i mesi successivi sino al mese di giugno 2021.
Per giungere a questa soluzione il Tribunale di Roma afferma che il comportamento del locatore, che insiste per il pagamento del canone pieno nonostante le difficoltà generate dalla pandemia e dalle misure di contenimento del Governo, viola il canone di buona fede nell’esecuzione del contratto previsto dall’art. 1375 c.c.
La massima risulta in linea con quanto stabilito all’art. 9, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in L. 27 del 24 aprile 2020[3], il quale ha escluso la responsabilità del debitore inadempiente a causa della necessità di rispettare le misure di contenimento dettate per il contrasto della pandemia da Covid – 19.
Tutto questo, ovviamente, a condizione che lo sforzo di adattamento alle prescrizioni sanitarie abbia effettivamente inciso sul rapporto contrattuale, e che quindi la richiesta di riduzione non appaia pretestuosa ovvero dipenda dal fatto del conduttore.
Resta al debitore l’onere di dimostrare che è stato proprio l’ossequio alle misure di contenimento ad avergli impedito di eseguire la prestazione e così il nesso causale fra rispetto delle misure e inadempimento va provato e contestualizzato. Il debitore, in linea con la previsione dell’art. 1218 c.c., deve offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell’epidemia.
Ove il conduttore dimostri la propria incolpevole riduzione di attività e fatturato, una parte della giurisprudenza di merito afferma l’impossibilità di configurare gli estremi per lo sfratto “Non può ritenersi sussistente un inadempimento grave del conduttore, stante la grave situazione di emergenza sanitaria a causa del Covid-19, che ha portato all’adozione dei provvedimenti governativi di chiusura degli esercizi commerciali per più di tre mesi” (Tribunale di Palermo, ord. 25/9/2020).
Sarà quindi compito del giudice valutare la collaborazione tra le parti nell’accogliere la richiesta di riduzione del canone, ove motivata, arrivando a poter negare lo sfratto quando il comportamento delle parti sia contrario alla buona fede contrattuale.